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88 ATTO TERZO


Ciccio. Voi altre donne credete di poter offendere impunemente. Ma i galantuomini della mia sorta si rispettano un poco più. Dono al sesso, dono alla gioventù, dono anche alla buona grazia, accetto l’onor che mi fate di essere il vostro cavaliere, e può essere che facciamo disperar qualcheduno.

Florida. Credo anch’io che passerà poco tempo, che vedremo alcuno in disperazione.

Paoluccio. Eccomi a voi dinanzi, don Ciccio, supplichevole in atto; e dell’ardire presomi di farvi vergognosamente tremare, vi chiedo orgogliosamente perdono. Prometto in faccia di questa dama e di questi cavalieri, che vi hanno sonoramente burlato, prometto in attestato di quella stima che non ho mai avuta per voi, ma che procurerò d’avere in appresso, prometto in tutto quel tempo che resteremo in questa villeggiatura, servirvi e mantenervi di tabacco di Spagna perfetto, di cioccolata di Milano esquisita, di rosolio di Corfù preziosissimo, e di veneziani sceltissimi parpagnacchi.

Ciccio. Quantunque io non rilevi bene che razza di parlare sia il vostro, tuttavia, credendolo oltramontano, vi perdono ogni cosa, vi accetto per buon amico, e vi prendo in parola circa al tabacco, al rosolio, alla cioccolata; e benchè non sappia che cosa sieno, credendoli mangiativi e buoni, mi saranno cari anche i veneti parpagnacchi.

Paoluccio. Bravissimo! che gravità ammirabile1! Voi mi parete uno di quei superbi villani di Castiglia, che vanno a lavorare i campi colla spada di Catalogna.

Ciccio. Un villano?

Paoluccio. Acchetatevi, caro don Ciccio, che se finora avete avute le umiliazioni de’ rei secondari, ora vi si presentano dinanzi agli occhi i rei principali. Venite, arditelle, tracotanti, maligne: venite a chieder perdono a don Ciccio della vostra audacia. (verso la scena, da dove vengono le due donne) Gli uomini di questa sorta non si legano per le braccia, ma per il cuore;

  1. Zatta: amabile.