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80 ATTO TERZO


Lavinia. Assolutamente conosco e sento, che se non mi cavano sangue, vado a pencolo di morire.

Gasparo. Andate a letto; e domani si farà venire il chirurgo, e vi caverà sangue.

Lavinia. Da qui a domani posso essere precipitata.

Gasparo. In questa villa non c’è chirurgo. Bisogna mandare in città.

Lavinia. Fatemi un piacere, don Gasparo; ve lo domando per grazia, per quanto amor mi portate, per quanto vi preme la mia vita e la mia salute: andiamo noi in città.

Gasparo. Quando?

Lavinia. Innanzi sera.

Gasparo. E piantare la compagnia?

Lavinia. Vi preme dunque la compagnia più della vita di vostra moglie?

Gasparo. Non dico questo io. Ma non vi sarà poi tal pericolo.

Lavinia. Tornerete fuori, quando io starò meglio. Tornerete solo: vi divertirete meglio di quel che ora fate.

Gasparo. Benissimo. Lo desidero per verità star un poco solo, senza questa folla di seccatori. Ma come ho da fare ora a dirlo alla compagnia?

Lavinia. Vi vuol tanto? Lo dirò io, se non lo volete dir voi.

Gasparo. Facciamo le cose con buona grazia.

Lavinia. Sì, anderà tutto bene; lasciate fare a me, che ora fo che lo sappiano. I nostri due legni servono per tutti. Vado io ad allestirmi; date voi gli ordini opportuni alla servitù; tutto si fa in un’ora; tre ne mancano a sera; siamo in città prima del tramontar del sole. (parte correndo)

SCENA XI.

Don Gasparo solo.

Dice che ha le palpitazioni, le lassitudini, i giramenti; mi pare che parli bene e cammini meglio. Non la so intendere. Queste donne si fanno venir male quando vogliono. Dubito che sia un pretesto