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78 | ATTO TERZO |
oltre questa di vivere lontana da ogni impegno civile, per aspettare il vostro ritorno? E voi potevate meco più ingratamente, più villanamente procedere?
Paoluccio. Ma signora mia...
Lavinia. Mantenetemi la parola.
Paoluccio. Non parlo.
Lavinia. Vantate in faccia mia l’incostanza; ponete in ridicolo i miei giusti risentimenti. Il primo giorno del ritorno vostro mi lasciate sola in un canto; preferite a me un’altra dama non solo, ma donne ancora di bassissimo rango; e dovrò io dissimulare cotali insulti e donarvi tutto, in grazia del bel profitto che fatto avete ne’ viaggi vostri?
Paoluccio. Finalmente, madama...
Lavinia. Mantenetemi la parola.
Paoluccio. Non parlo.
Lavinia. No, non mi conviene soffrirlo, senza meritarmi i dispregi vostri. Tutto quello ch’io posso fare per voi, si è il rendervi la libertà intera, senza che vi resti alcun rimorso di dispiacermi. Vi resterà quello di esser meco un ingrato; ma tal sia il premio di chi è la colpa. Finita sia l’amicizia nostra.
Paoluccio. Avete terminato, madama?
Lavinia. Sì, ho terminato.
Paoluccio. Posso difendermi?
Lavinia. No, arditissimo, non vi potete difendere.
Paoluccio. Se non mi posso difendere, altro non mi resta adunque che usare della mia costanza di animo, inchinarvi e partire. (parte)
SCENA IX.
Donna Lavinia sola.
S’egli cammina di questo passo, non arriva domani, che mi rende ridicola a tutta la conversazione; ma prima che giunga domani, vi rimedierò, e forse pria che giunga la sera. Non mi comprometto di tanta virtù che vaglia a frenarmi nell’occasione di risentirmi. È meglio sciogliere la compagnia, troncar le scene