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66 | ATTO SECONDO |
SCENA XV.
Don Ciccio come sopra, poi donna Lavinia, donna Florida, don Paoluccio e don Mauro; poi Zerbino.
Paoluccio. Venite, venite: non abbiate timore.
Lavinia. Ch’è questo strepito?
Florida. Che ha don Ciccio?
Ciccio. Non vi è nessuno che mi sciolga per carità?
Mauro. Se mi permette donna Lavinia, lo scioglierò io.
Lavinia. Sì, scioglietelo pure.
Paoluccio. Ha troppo mangiato, ha troppo bevuto il poverino. L’hanno legato, perchè non poteva reggersi.
Ciccio. Quest’è un affronto, che mi è stato fatto mentre dormiva; e di più, mi hanno voluto uccidere colle spade.
Florida. Bella! bellissima veramente!
Lavinia. Sarà stato uno scherzo, una burla amichevole.
Paoluccio. Una burla simile ho veduto fare a Marsiglia.
Ciccio. Queste non sono burle da farsi; e ne voglio soddisfazione.
Lavinia. No, don Ciccio, acchetatevi.
Ciccio. Ne voglio soddisfazione.
Mauro. Non l’hanno fatto per offendervi.
Ciccio. Tant’è, ne voglio soddisfazione.
Florida. È curioso davvero.
Paoluccio. Un pazzo tal e quale, come lui, l’ho conosciuto a Lione.
Ciccio. E non ci verrò più in questa casa di pazzi, di malcreati.
Lavinia. Come parlate, signore?
Mauro. Moderate il caldo, don Ciccio.
Florida. È temerario un po’ troppo.
Paoluccio. (A me, a me). Signore. (a don Ciccio)
Ciccio. Che cosa vuole vossignoria?
Paoluccio. Voi avete perduto il rispetto a tutta questa conversazione.
Ciccio. E tutta questa conversazione l’ha perduto a me.
Paoluccio. Chi ha d’aver, si paghi. Fuori di qui.
Ciccio. A far che, fuori di qui?