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54 ATTO SECONDO


può esser fermo, senza essere perseverante. Fermezza non vuol sempre dire durevolezza in un proposito che non si muta; ma fortezza, virilità, superiorità di spirito nelle passioni, quello che dagli oltramontani si chiama spirito forte: ond’io riduco la virtù ammirabile della costanza ad una intrepidezza di animo che tutto soffre, e delle proprie passioni non si fa schiavo.

Lavinia. Voi dunque distruggete la fedeltà.

Paoluccio. No, perdonatemi, non la distruggo; ma questa bella virtù non può mai esser tiranna.

Mauro. Permettetemi dunque ch’io dica...

Florida. Voglio dire la mia opinione ancor io. Ho paura che voi altri signori abbiate preso una chimera per argomento; prima di decidere qual sia la fedeltà e la costanza, conviene riflettere se la costanza, se la fedeltà si ritrovino.

Paoluccio. Bellissima riflessione. Se donna Florida fosse stata a Parigi, non potrebbe dir meglio. Colà si burlano di queste passioni sì malinconiche; ma io sono ancora italiano; non voglio adular me stesso, facendo forza per non sentirle; intendo profittar solamente delle cognizioni acquistate, per moderarle; e vorrei far questo bene alla patria mia, spregiudicando un poco gli animi, che si affaticano per impegno a tormentar se medesimi.

Lavinia. Ringraziate il cielo, don Paoluccio, che vi siete ben bene spregiudicato; voi non mi tormenterete, per quel ch’io sento, colla soverchia costanza.

Paoluccio. Io non dico per questo...

Mauro. Signore, voi avete finora parlato solo. Se mi darete luogo a rispondere...

Paoluccio. Bene; è giusto che difendiate la vostra tesi.

Florida. Scommetterei la testa in favore di don Paoluccio.

Mauro. Alla costanza, di cui parliamo, dee presupporsi un impegno. Che un uomo volesse essere costante (per esempio) nell’amare una donna che non lo amasse, nel servire una dama che nol gradisse, la sua non si potrebbe dire costanza, ma ostinazione o stoltezza, poichè le virtù non vanno mai disgiunte dalla ragione. Supposto dunque l’impegno che lega l’animo colle