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514 ATTO QUINTO
Ma no, nell’adorarvi amo ancor più me stesso,

S’emmi ogni ben possibile nel vostro amor concesso.
Vi adorerò costante; sarete mia, son vostro;
Ecco negli occhi il pianto; ecco, che il cuor vi mostro.
Bianca. Deh per pietà, signore, deh per pietà, cessate.
Nel favellar sì tenero, ah che morir mi fate. (siede)
Conte. (Ah, non provai nel mondo gioia più grande ancora.
Son pur belle le lagrime d’un ciglio che innamora!)
Consolatemi, o cara, cessi quel dolor rio.
Finchè per me l’amico sposa vi chiede al zio.
Bianca. Come, signor? Mi chiede? (alzandosi un poco)
Conte.   Per me. Bianca vezzosa,
A chi di voi dispone, ora vi chiede in sposa.
Bianca. Oimè! (toma a sedere)
Conte.   Non è più tempo, che trafiggete il seno.
Bianca. Deh, in libertà lasciatemi di respirare almeno.
Conte. Sì, respirate, o cara; meno di voi nel petto
Non sentomi confuso fra il dolore e l’affetto, (si accosta)
Ah, mi pento, mi pento di quegli indegni ardori,
Che ad infestar mi vennero da mille e mille cuori.
Vorrei poter vantarmi d’aver nudrito in cuore
Un solo amore al mondo, ma di tutti il maggiore, (siede)
Quanto mai c’inganniamo!

SCENA VII.

Il signor Alberto e detti.

Alberto.   (Veli qua tutti do.

Xeli in collera, o in pase? Adesso el saverò). (da sè)
Patroni reveriti.
Conte.   Che nuove, amico mio?
Alberto. Le nove xe bonissime. Xe contento el sior zio.
Conte. Oh Alberto adoratissimo! (s’alza per abbracciarlo)
Bianca.   Oh amico senza pari!
(s’alza e s’avvicina ad Alberto)