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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 513
Segno è che la coscienza lo morde e lo confonde.

Ma se pentito ei fosse dei tradimenti sui?
Sarei, s’io resistessi, più barbara di lui.
Ah, fui seco altre volte la prima a umiliarmi,
E dalla mia viltade apprese a disprezzarmi.
Non vo’ guardarlo in faccia, pianger vo’ a suo dispetto;
Chi non ha convenienza, non merita rispetto.
Conte. (Chi mai mi avesse detto, che avessi a sentir pene?
Ma! convien molto spendere, per comperare un bene).
(da sè)
Donna Bianca. (Non sente, o non sentir s’infinge.
M’accosterò. Buon segno; di bel rossor si tinge).
Via, donna Bianca amabile, via, serenate il ciglio.
Delle mie colpe andate il pentimento è figlio.
Se recovi un trionfo nel domandar perdono.
Per voi le colpe istesse più orribili non sono.
Finor nel mar d’amore fui un corsaro audace,
Che depredando andava gioie, diletti e pace;
Ma se ogni bene unito in quel bel cuore attendo,
D’altro desio mi spoglio, e da voi sol l’attendo.
Bianca. Conte, voi vi scordaste, nel mendicar piaceri,
Che d’un bel cuor più degni son sempre i più sinceri.
L’arte non ho di fingere per allettar gli amanti,
Ma veritade ho in petto saldissima e costante.
Più di me colte e vaghe cento ne avrete, e cento;
Poche nel seno adorne di quell’ardor ch’io sento:
Puro, discreto ardore, pronto a soffrir per voi
Tutti d’amore i pesi, tutti i tormenti suoi.
Ecco l’unico peso, ch’io sofferir non vanto;
Veder l’amante ingrato, e non sfogare in pianto. (piange)
Conte. Lagrime portentose, che han la virtù possente
D’avvilirmi, di rendermi angustiato, dolente.
Eccomi a voi già reso; ecco per voi la gloria
L’aver1 coll’amor vostro sopra del mio vittoria.
n n

  1. Così il testo. Probabilmente d’aver.