Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/52

46 ATTO SECONDO


Libera. Donna Lavinia starà di lontano per non fare sospettare il marito. Per altro mi ricordo tre anni sono, che con don Paoluccio erano sempre vicini.

Zerbino. Ora pare che si conoscano1 appena. Egli non fa che parlare dei viaggi, delle città che ha veduto, delle avventure che gli sono accadute; e la padrona tiene gli occhi sul tondo, e non parla mai.

Libera. Eh, farà così...

Menichina. La gatta morta...

Libera. Per non parere...

Menichina. Perchè non si dica...2

Libera. Dopo tavola poi...

Menichina. Al passeggio...

Libera. Nel laberinto...

Zerbino. Oh che buone lingue che siete! Vado, vado, che non mi aspettino.

Libera. Ehi, sentite. Vorrei che mi faceste un servizio.

Zerbino. Anche due, se son buono.

Libera. Vorrei... Ma non sono io veramente che lo vorrebbe, è la Menichina.

Zerbino. Son qui: anche alla Menichina.

Menichina. Non occorre dire di me; lo vorremmo tutte due.

Zerbino. Comandatemi tutte due.

Libera. Vorrei che diceste... diteglielo voi, Menichina.

Menichina. Se glielo dico io, non vorrei si credesse... diteglielo voi, madonna Libera.

Libera. Sentite. Vorrebbe la Menichina che diceste al signor don Eustachio e al signor don Riminaldo, che venissero qui, che una persona vorrebbe loro parlare.

Zerbino. La Menichina vorrebbe il signor don Eustachio e il signor don Riminaldo?

Menichina. Per me, quando s’ha da dire, mi basta il signor don Eustachio.

  1. Pitteri: conoschino; e più sotto vorressimo e venghino.
  2. Zatta: «Perchè si dica... Zerbino. Oh che buone lingue che siete. Vado, vado ecc.».