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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 477
Scioglierebbe il mio caldo il gel del vostro cuore.

(don Mauro s’accosta)
Ma tutti due faremmo una fatica estrema,
Ed al pensarvi solo, sento che il cuor mi trema.
Onde, signor don Mauro, parlo liberamente,
Meglio per voi, per me, sarà non ne far niente.
(don Mauro si scosta)
Siete voi persuaso di mia sincerità?
(don Mauro si va strofinando in faccia)
Mauro. Non troppo.
Marchesa.   Riflettete.
Mauro.   Non mi persuaderà.
Marchesa. Sareste voi contento d’una consorte altiera?
Mauro. Perchè no?
Marchesa.   D’una donna, per esempio, ciarliera?
Che a una parola vostra ne rispondesse sei?
Che spesso andasse in collera?
Mauro.   Io non le baderei.
Marchesa. Una che far volesse in casa da padrona.
Disporre a suo talento?
Mauro.   Quando non mi bastona...
Marchesa. E voi non gridereste, sentendo ad ogni articolo
Oppor contraddizioni?
Mauro.   Gridar? non vi è pericolo.
Marchesa. Ma io, quando mi prende la bile, vado giù;
E quando non rispondono, vo in collera di più.
Mauro. Questo qui è il più diffìcile; gridare è il mio tormento.
Potrei, per darvi gusto, gridar per complimento.
Marchesa. (Un uom miglior di questo trovar io non potrei).
Mauro. Io son un, sì signore... che bado a’ fatti miei.
Mi piace il vostro volto... per voi ho dell’affetto;
Non crederei voleste gridare anche nel letto.
Marchesa. Perchè no? può arrivarmi là ancor qualche impazienza.
Mauro. Eh, dovrei, sì signore, soffrirlo con pazienza.
Marchesa. (Questi, per dir il vero, è un uomo estraordinario).