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470 ATTO SECONDO
Conte.   Servitore obbligato.

Martini. Favorite: don Mauro, signor, non vi ha parlato?
Conte. Di che dovea parlarmi?
Martini.   D’un certo non so che,
Che v’interessa voi, questa signora, e me.
Madama. Oh signor de’ Martini, vi dico apertamente,
Che qui non mi venite a far l’impertinente.
Finor, se vi ho sofferto, sapete come fu.
Ve lo ridico in faccia, non ci venite più.
Martini. Oh cospetto!...
Madama.   Portate rispetto al commissario.
Tocca a voi, signor Conte, punir quel temerario.
(parte)

SCENA XI.

Il Conte ed il signor De’ Martini.

Martini. Voglio soddisfazione.

Conte.   (Orsù, questa non è
Casa, per quel ch’io vedo, da frequentar da me).
(da sè)
Martini. Farmi un affronto simile? A me codesta azione?
Conte. Quietatevi, signore.
Martini.   Voglio soddisfazione.
Conte. Ehi, signor de’ Martini, zitto, che siamo in due;
Ognuno in questo caso può far le parti sue.
Ma io coi pari vostri, se von soddisfazione,
Zitto, signor Martini, adopero il bastone.
Martini. Vossignoria illustrissima non sa quel che m’han fatto.
Conte. Per me vi parlo schietto, non vo’ diventar matto;
Non vo’ scaldarmi il sangue; di core ve lo dico.
Se posso compiacervi, vi sarò buon amico.
Soffrite un giorno solo lontan da questo tetto,
E poi la casa libera lasciarvi io vi prometto.
Martini. Perchè un giorno lontano?