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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 469
Commissario.   Signor Conte, io son uno (s’alza)

Che non può lungamente parlare, e star seduto.
Mi raccomando, e basta. Vi abbraccio e vi saluto.
(parte)

SCENA IX.

Madama Graziosa ed il Conte.

Conte. (Son venuto in buon’ora). (da sè)

Madama.   E ben, sperar potrò
Che parliate al Marchese?
Conte.   Signora, io parlerò.
Madama. Si vederà da questo, se siete un vero amico.
Conte. (Ho da cercar fastidi, io che ne son nemico?
Basta, ci sono). (da sè)
Madama.   A dirla, poco lei mi consola.
Conte. Son cavalier, madama, vi do la mia parola.
Parlerò col Marchese con forza e con impegno,
Sol della grazia vostra per rendermi più degno.
Faccio però lo sforzo maggior di vita mia:
Son uno che mi piace la quiete e l’allegria.
Madama. Oh caro signor Conte, non dubiti niente;
Staremo, in avvenire, staremo allegramente.
Da me non averete altri fastidi al mondo.
Conte. Io penso a viver quieto, a vivere giocondo.

SCENA X.

Il signor De’ Martini finanziere, e detti.

Martini. Si può venir? (di dentro)

Conte.   Chi è questi?
Madama.   Costui più non lo voglio.
È il signor de’ Martini.
Conte.   (Oh, questo è un bell’imbroglio!)
Martini. Servo di lor signori.