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LA VILLEGGIATURA 41


Lavinia. Se questo mio da voi chiamato potere, non ha avuto forza di conservarsi in distanza, non posso lusingarmi di riacquistarlo sì presto. Questa sincerità che mi ha confessato la vostra incostanza, potrebbe ora essere tradita dalla soggezione. Però pensateci, che vi è tempo. Compatitemi, ci rivedremo. (in atto di partire)

Paoluccio. Voi andate a consigliarvi col mio rivale. Ci scommetto che il favorito è qui, senza che nessuno lo sappia.

Lavinia. Mi maraviglio che pensiate sì bassamente di me.

Florida. Eppure, eppure si potrebbe dare che faceste l’astrologo. (a don Paoluccio)

Lavinia. Donna Florida, voi mi offendete.

Paoluccio. Ecco qui i pregiudizi nostri; noi prendiamo sovente le galanterie per offese.

Servitore. Quando comandano, si dà in tavola. (parte)

Lavinia. Andiamo, se vi contentate.

Paoluccio. Permettetemi ch’io vi serva. (a donna Lavinia)

Lavinia. La sala della tavola non è lontana: vi rendo grazie. (parte)

Paoluccio. Ma voi altre italiane siete pur puntigliose. (a donna Florida)

Florida. Oh, io non lo sono certo.

Paoluccio. Sempre più mi confermo, che donna Lavinia abbia la sua passione.

Florida. Anch’io ho de’ sospetti.

Paoluccio. Due anni senza passione? Una donna costante in lontananza due anni? Non me lo dia ad intendere, che non lo credo. (parte)

Florida. Dice bene, non è da credere. In due anni io ne ho cambiati sette. Quando sono in campagna, non mi ricordo più niente di quelli della città; quando sono in città, non mi ricordo più niente di quelli della campagna. Sono amante della novità, e quando arrivi ad essere costante un anno, faccio subito testamento. Posso però vantarmi, che nessuno ancor mi ha piantato; che se ho la facilità di lasciar chi voglio, ho anche