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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 457
Conte. A dirlo1 fin adesso amor non m’impedì.

Ippolita. Dunque mai non amaste.
Conte.   Anzi non stetti un giorno
Senza sentir d’amore qualche passione intorno.
Ippolita. Ma che vuol dir, che tante passion cambiate avete?
Conte. Vuol dir, che son le donne un po’ troppo indiscrete.
Ippolita. Che pretendete voi?
Conte.   Dirò la verità:
Un pò’ di soggezione, e un po’ di libertà.
Ippolita. Non mi dispiace, a dirla; mi par la cosa onesta.
Conte. Che spiaccia, o che dispiaccia, la mia ragione è questa.
Dico così, che amore non ci ha da recar duolo.
Pria che con altri piangere, vo’ rider da me solo.
Ippolita. E una massima buona.
Conte.   Pretendono le belle,
Che s’abbia tutto il giorno a sospirar per elle;
Che si stia come statue. Non vedon col pensiero,
Che gli amanti si stancano?
Ippolita.   Non dite male. E vero.
Avete certe regole da farne capitale.
Fra noi, a quel ch’io vedo, non si starebbe male.
Conte. Si starebbe malissimo.
Ippolita.   Perchè?
Conte.   Per la ragione
Ch’io non son uom sì facile da star alla passione.
Ippolita. Oh, mi credete poi sì strana? v’ingannate.
Conte. Io sento quel che dite; non so poi quel che siate.
Ippolita. Son una, che agli incontri accomodar si sa.
Conte. Questa non è, per dirla, cattiva qualità.
Però da voi sentito ho cento volte e cento,
A dir che questi amori non sono che un tormento.
Che niuno in questo mondo legar non vi potria....
Ippolita. Quante cose si dicono così per bizzarria!

  1. Così il testo. Forse è da correggere a dirla, come si trova qualche verso più sotto.