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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 453
Mi figuro i villani, che levan di buon’ora.

Oh, sarà il bel piacere... levarsi coll’aurora.
Alberto. No l’al gh’ha mai sto gusto?
Mauro.   Io no, perchè mi piace...
Star a goder in letto, sì signor, la mia pace.
Alberto. Ma per star con più comodo, ghe mancaria una sposa.
Mauro. Dieci anni, sì signore, pensato ho a questa cosa.
Bianca. E per me, signor zio, ci penserete poi?
Mauro. Eh... altri dieci anni ci penserò per voi.
Alberto. Sarà da qua dies’anni un pochetin tardetto.
Bianca. Per me, signor, so pure che avete dell’affetto.
Mauro. Qua spunta la violetta, là spunta il gelsomino.
Bianca. (Andiamo a ritirarci in fondo del giardino).
(piano al signor Alberto)
Alberto. Con so bona licenza. Andemo....
Mauro.   Sì signore.
Bianca. Io muoio, se non posso sfogar il mio dolore.
Andiam, signor Alberto, andiam per carità. (parte)
Alberto. (Oh ste putte, ste putte, le me fa un gran peccà), (parte)

SCENA VII.

Don Mauro, poi il signor De’ Martini.

Mauro. Si vede la campagna... fruttifera per tutto.

lo solo son un albero, sì signor, senza frutto.
Se la marchesa Ippolita... volesse favorire,
Vorrei far qualche cosa.. innanzi di morire.
Martini. Signor, vi riverisco. (parla sollecito ed altero)
Mauro.   Padron...
(colla solita flemma, alzando la mano al cappello)
Martini.   Son qui venuto,
Per dirvi qualche cosa di un fatto che ho saputo.
Mauro. Son qui... dove che po...
Martini.   Certo signor Contino,
Che avete in casa vostra, egli è un bell’umorino.