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452 | ATTO PRIMO |
Col riso sulle labbra protesta che mi adora.
Eh, non è questo il modo di millantare affetto.
Si deve ad una dama più amore, e più rispetto.
Per me l’ho conosciuto, di lui più non mi fido;
E so che il di lui cuore della menzogna è il nido.
Mi costerà la vita, lo so per mia sventura.
Ma voglio dal mio cuore staccarmelo a drittura. (piange)
Piangerò qualche giorno pur troppo per suo vanto,
Ma finirà, sì certo, ma finirà anche il pianto.
Alberto. (Mo cospetto del diavolo, che son fatto cussì;
Me vien, co vedo a pianzer, le lagreme anca a mi).
(si asciuga gli occhi)
Donna Bianca carissima, ve parlerò sincero;
E po vardème i occhi, vederè se xe vero.
Digo anca mi che el Conte...
Bianca. Zitto, che vien mio zio.
Alberto. Gh’ho voggia che parlemo.
Bianca. Sì, che n’ho voglia anch’io.
SCENA VI.
Don Mauro e detti.
E ogni quattro parole el dirà: Sì, signore.
Mauro. Oh campagna, campagna... che tu sia benedetta...
Ogni giorno si vede qualche novella erbetta....
Qua spunta un fior... là un frutto... qua, sì signor, l’ortica...
Oh campagna, campagna.... che il ciel ti benedica.
Alberto. Sior don Mauro, patron.
Mauro. Oh schiavo... amico mio.
Nipote... vi saluto.
Bianca. Serva sua, signor zio.
Mauro. Pensava... meditava... sì signor, fra di me,
Che... non vi è della villa... più bel piacer non vi è.