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448 ATTO PRIMO
Frugnolo. Con sua licenza. (vuol partire)

Conte.   Vien qui, non aver fretta.
Voglio discorrer teco.
Frugnolo.   Il padrone mi aspetta.
Conte. Via, tieni un testoncello, e non andar sì presto.
Frugnolo. Ecco, metto giù il tondo, e fin che vuole, io resto.
Conte. Dimmi: È ver che don Mauro ha della inclinazione
Per la marchesa Ippolita?
Frugnolo.   Lo fa per compassione.
La poverina è vedova, ed ha, se non m’inganno,
Di rendita sicura seimila scudi all’anno.
È imbrogliata, meschina, con tante facoltà;
E farle il mio padrone vorria la carità.
Ma per quel ch’io capisco dagli andamenti sui,
La signora Marchesa fatta non è per lui.
Il lor temperamento non si assomiglia un pelo:
Ella ha il foco negli occhi, ei nelle membra il gelo.
Quando li vedo uniti, parmi vedere al paro
Con il mese d’Agosto il mese di Gennaro.
Egli cammina adagio, nel dir non ha mai fretta;
Ella cammina e parla, che par una saetta.
Sfogarsi la Marchesa, gridar può quanto vuole,
Innanzi ch’egli arrivi a dir quattro parole.
Conte. Oh, se foss’io, vorrei farle arricciar il naso.
Frugnolo. Eppure, signor Conte, sarebbe il di lei caso.
Conte. Per me? Frugnolo caro, tu sei male avvertito.
Voglio godere il mondo. Per or non mi marito.
Frugnolo. No, davvero? Perdoni il mio parlar da strambo;
Eppur s’intese dire, che si sperava un ambo
Fra lei e donna Bianca, nipote del padrone.
Conte. È ver, ma si è mandata a monte l’estrazione.
Al lotto delle donne la sorte spesso varia,
Quando che non si pigliano i numeri per aria.
Conosci tu la moglie del commissario?
Frugnolo.   Certo.