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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 445
Vi è la marchesa Ippolita, ma parmi un poco altera;

Vi è donna Bianca, e seco mi disgustai iersera;
Vi è madama Graziosa, moglie del commissario.
Alberto. Pian, tra questa e quell’altre ghe passa un bel divario.
Le prime xe do dame, questa xe una pedina,
Che in grazia della carica vol far la signorina.
Conte. Codeste differenze non sono essenziali:
Le donne, se son belle, per me son tutte eguali.
Non voglio maritarmi, le tratto onestamente,
Ed oltre l’amicizia da lor non vo’ niente.
Se trovo dello spirito, dell’attenzion per me,
Sono, sia chi si voglia, contento come un re.
Ora ch’io son per scegliere, qual mi consigliereste,
Se foste nel mio caso, a scegliere di queste?
Alberto. Mi ve conseggierave a preferir la dama.
Conte. Ma quale delle due?
Alberto.   Quella che più ve ama.
Conte. Bravissimo. M’avete parlato in eccellenza:
Ad una delle due darò la preferenza.
A madama Graziosa fei fare un’imbasciata;
Ma so che non mi vuole: è con altri è impegnata.
Ed io, se trovo ostacoli, prestissimo mi stancano;
Di già delle occasioni al mondo non ne mancano.
Ecco la cioccolata.

SCENA II.

Frugnolo lacchè, colla cioccolata, e detti.

Alberto.   Via, sior lacchè, xe ora.

Frugnolo. Signor Alberto, appunto lo cerca la signora.
Alberto. Chi? donna Bianca?
Frugnolo.   Certo.
Conte.   Che sì, ch’ella parlarvi
Desidera di me. Sappiate regolarvi.
Alberto. Che ordeni me deu, se la me intra in questo?