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L'AMANTE DI SÈ MEDESIMO 443
Penso che in ogni caso, scemandosi l’affetto,

Restar può per la moglie la stima ed il rispetto.
Alberto. Co sti princìpi in testa, sior Conte mio paron,
Xe meggio che stè solo, che parerè più bon.
Conte. Basta: mutiam discorso; il caso è ancor distante.
Spiacemi, amico caro, che or son senza un’amante.
E non ci posso stare; mi viene mal di cuore,
Se sto mezza giornata senza far all’amore.
Alberto. Cossa xe sta giersera con donna Bianca?
Conte.   Appunto
Di quel che volea dirvi siete arrivato al punto.
Donna Bianca è una giovane propria, civile, onesta;
Ma parmi fastidiosa e debole di testa.
Scherzai colla Marchesa un po’ più dell’usato;
Ella in tutta la sera non mi ha nemmen guardato.
Le dico qualche cosa, le parlo civilmente.
Giustificarmi io voglio, mi fa l’indifferente.
Siedo appresso di lei; s’alza, mi lascia solo:
La seguito, mi fugge, mostra negli occhi il duolo.
Mi sforzo contro il solito di sospirar; la credo
Tocca dai miei sospiri, e ridere la vedo.
Allor sdegno mi prende; ragion chiamo in aiuto;
Se vo per questa strada, dico a me, son perduto;
Risolvo sul momento lasciarla in abbandono.
Ho dormito benissimo, e libero già sono.
Alberto. Troppo rigor, sior Conte. Se sa pur che xe fia
Del più sincero amor l’amara gelosia.
Conte. Se della gelosia padre indiscreto è amore,
In grazia della figlia ho in odio il genitore:
Se vuol ch’io lo ricovri ancor entro al mio petto.
Sia padre della gioia, sia padre del diletto;
Ma unito alla spiacente sua incomoda famiglia,
Lo mando dal mio seno lontano mille miglia.
Alberto. Voleu che ve la diga? Vedo, cognosso adesso,
Che vu, caro sior Conte, sè amante de vu stesso.