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Io non so, se queste ragioni basteranno a persuadere chi legge; ma in ogni caso si persuada col voto comune degli ascoltanti, che fece festa grandissima ad una tale Commedia. Io la scrissi a Colorno, villeggiatura amenissima del Serenissimo Reale Infante Padrone1, e mi ricordo che nei bollori di un ardentissimo Luglio, fra il caldo e il sudore, mi divertì infinitamente lo scriverla, e tanta facilità vi trovai, e tanta dilettazione, che in otto giorni la ridussi al fine. In Settembre la posi io stesso in iscena a Milano, e tanto ebbe incontro in quel magnifico sontuoso Teatro, che a voce comune fu domandata la replica, e quattro volte in pochi giorni fu replicata. Bella consolazione, Lettor carissimo, per un Autore, allorchè vede le Opere sue dall’universale aggradite! Bella cosa sentirsi dire: Bravo! me ne consolo! che bella Commedia! È un capo d’opera. Non si può far di più. Ed è bello ancora il vedere alcuni malcontenti, o per invidia, o per costume, lodarla a mezza bocca, dirne bene in faccia all’Autore, e far d’occhio al compagno, e in mezzo alle lodi far nascere l’obbietto, la critica, o la derisione. Io li ringrazio assaissimo, poichè mentre mi tartassano una Commedia, mi somministrano l’argomento d’un’altra.

  1. Filippo V di Borbone, duca di Parma e Piacenza. Vedasi a pag. 15 del presente volume.