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422 | ATTO SOLO |
Cecchino. Ha avuto lettere di casa sua. Credo che debba andarsene.
Eugenia. Così subito? Venga pure. Sentiamo. (Cecchino parte)
Conte. Cavaliere, la decisione che si aspetta da donna Eugenia, non solo esclude la division per metà, ma ogni speranza di quelle picciole grazie che a voi rassembrano indifferenti.
Cavaliere. Ogni uno pensi a suo modo. In quanto a me, non farò mai un’ingiustizia alla virtù della sposa col dubitare di lei. S’ella sarà servita, tanto più sarò io contento d’aver per compagna una dama di merito; e riderò di coloro che pazzamente si lusingassero di usurparmi una scintilla di quell’ardore, che per me solo sarà nel di lei cuor custodito.
Eugenia. (Che nobili sentimenti!) (da sè)
SCENA XV.
Don Fernando e detti.
Fernando. È permesso? (standosi lontano)
Eugenia. Avanzatevi, don Fernando.
Fernando. (Ah! questi due mi tormentano.) (da sè)
Eugenia. È egli vero, che voi partite?
Fernando. Signora.... (come sopra)
Eugenia. Fatevi innanzi; che timidezza è la vostra?
Fernando. Tornerò, signora.... Ho qualche cosa da dirvi.
Eugenia. Potete parlare liberamente. Questi cavalieri li conoscete. Avete soggezione di loro?
Fernando. La cosa ch’io deggio dirvi... (Non è possibile che io lo dica). (da sè)
Cavaliere. Parlatele pure come vi aggrada. Io non ascolterò quel che dite. (ritirandosi un poco per dar luogo a don Fernando)
Conte. Servitevi; so il mio dovere. (ritirandosi un poco)
Eugenia. Dite quel che vi occorre. (a don Fernando)
Fernando. Compatitemi, se una violenta necessità... (Non so da dove principiare a spiegarmi. Don Ambrogio mi ha imbarazzato).
Eugenia. (Fosse mai don Fernando?) (da sè) Ditemi, avete voi veduto mio suocero?