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LA VILLEGGIATURA 37


Libera. Che ne so di belle di lei.

Menichina. E di lei, e di lui, e di loro.

Gasparo. Vado via.

Libera. E di loro, per cagione di lei.

Menichina. E di lei, per cagione di loro.

Gasparo. E di lei non ci penso, e di voi sono stanco. Vado via: mi avete fatto tanto di testa. (parte)

Libera. Vado a dirlo al signor don Eustachio.

Menichina. Vado a raccontarlo al signor don Riminaldo.

Libera. E gli voglio donare queste beccaccie. (parte)

Menichina. Ed io gli voglio donare questa pernice. (parte)

SCENA VII.

Donna Lavinia e donna Florida; poi Servitore.

Florida. Che voglia è venuto a don Mauro di giocare al trucco a quest’ora? Per causa sua tutti ci hanno lasciate sole.

Lavinia. È meglio che giochino al trucco, piuttosto che al faraone.

Florida. Fa cose don Mauro, che non si possono tollerare.

Lavinia. In che mai può mancare un cavaliere così compito, che ha tutti i numeri della civiltà e del buon garbo?

Florida. Cara amica, non sapete niente. Lo difendete, perchè non lo praticate. L’uomo non ho veduto più disattento di lui. È capace di uscire dalla sua camera due ore dopo di me. Conoscerà ch’io non ho voglia di discorrere, e mi darà una seccatura terribile con istorielle che non importano niente affatto. Se siamo in camera soli, avrà l’abilità di prendere un libro, porsi a leggere, e lasciarmi dormire; e poi, quel ch’è peggio, se gli dico una parola, se gli do un rimprovero, si ammutolisce, non dice niente, mi lascia taroccar da me sola, che è una cosa che mi fa la maggior rabbia di questo mondo.

Lavinia. In verità, donna Florida, siete assai delicata: queste non mi paiono cose da farvelo dispiacere.

Florida. Ne sono stufa, stufìssima, che non ne posso più.

Lavinia. Ho paura che vi piaccia mutar spesso i serventi.