Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/422

414 ATTO SOLO


Cavaliere. Quel che volete fare, fatelo presto. Liberatevi dall’impiccio di vostra nuora, e conducetevi a casa un pezzo di giovinotta, che vi rimetta il figliuolo che avete perduto, e che vi faccia essere contento nella vecchiaia.

Ambrogio. Oh, se la voglio fare! Lasciate che mi liberi della nuora.

Cavaliere. Perchè non fate che si mariti?

Ambrogio. Se capitasse un’occasione a proposito.

Cavaliere. Per esempio, chi credereste voi che le convenisse?

Ambrogio. Io so com’è fatta quella povera donna; ha il più bel cuore di questo mondo. Ella avrebbe bisogno di uno che se ne innamorasse, e che veramente le volesse bene di cuore. Al giorno d’oggi non si trovano i partiti che di due sorte: o discoli, o interessati; e tutti principiano dalla dote: è una miseria per una giovine che ha qualche merito, sentirsi chiedere per la dote.

Cavaliere. Questo è quello ch’io vi diceva poc’anzi. Se mi marito, non voglio dote.

Ambrogio. Voi siete un cavaliere veramente cavaliere, che sa la vera cavalleria. Ditemi un poco: lo conoscete voi il merito di mia nuora?

Cavaliere. Se lo conosco? Lo sa il mio cuore, se lo conosco.

Ambrogio. E che sì, che siete venuto per domandarmela?

Cavaliere. Gran don Ambrogio! gran don Ambrogio! volpe vecchia! Come diamine l’avete voi penetrato?

Ambrogio. Mi pareva, che le carezze che mi avete fatte, tendessero a qualche fine.

Cavaliere. Oh, qui poi v’ingannate. Vi ho sempre voluto bene, e ve ne vorrò; e voglio vedervi con una sposa al fianco, bella, giovine, e senza dote.

Ambrogio. Su questo particolare si parlerà. Se avrò da maritarmi, la prenderò senza dote. Farò che il vostro esempio mi sia di regola in questo.

Cavaliere. Lo sapete: io non sono interessato.

Ambrogio. (Batte sodo finora). (da sè) Volete che io ne parli a donna Eugenia?