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408 ATTO SOLO


accreditarvi nel cuore di chi vi ascolta; ma la facilità che le proponete, non può far breccia nell’animo di donna Eugenia, amante assai più di un amor virtuoso, che della moderna galanteria. Se l’espressioni vostre sono sincere, voi non l’amate, e se l’amate, ella non può fidarsi della libertà che le promettete.

Eugenia. (Il dubbio non è fuor di ragione). (da sè)

Cavaliere. Io non son qui venuto per sollecitare il cuore di donna Eugenia. S’ella è per voi prevenuta, non ha che a dirmelo: so il mio dovere.

Eugenia. No, Cavaliere, torno a ripetere, sono in libertà di disporre di me medesima.

Cavaliere. Disponete adunque.

Conte. Ella è a tempo di farlo.

Cavaliere. Il tempo passa. I giorni della gioventù si piangono inutilmente perduti.

Conte. La virtù è sempre bella.

Cavaliere. Ma nella gioventù è più brillante.

Conte. Una moglie non ha bisogno di tanto brio.

Cavaliere. Ne ha di bisogno una dama.

Conte. Una dama dev’esser saggia.

Cavaliere. Ma non per questo intrattabile.

Conte. Dee dipendere dalla volontà del marito.

Cavaliere. La liberi il cielo dalla indiscretezza che voi vantate.

Conte. Non la sagrifìchi Amore a chi non conosce il pregio della virtù.

Cavaliere. Se vi avanzate meco a tal segno...

Eugenia. Cavalieri, se veniste per favorirmi, non vi riscaldate per mia cagione. Venero ciascheduno di voi, trovo in entrambi della ragione e del merito, ma non ho ancora di me disposto, nè ardisco dire che ad uno di voi mi crediate inclinata. Sono di me padrona, egli è vero; ma esige la convenienza che, nell’escire di questa casa, consigli prima d’ogni altro il padre del mio defunto marito. Se le di lui stravaganze non mi proporranno un partito indegno di me, preferirò ad ogni altra pas-