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L'AVARO | 401 |
tento, se ovunque mi volgo, trovo degli ostacoli all’amor mio? Ella non sa ch’io l’ami, e sapendolo, può dispregiarmi. Ho due rivali possenti, che la circondano. Mio padre non vorrà per ora ch’io mi mariti; sarebbe per me la migliore risoluzione il partire. Sì, partirò; ma non voglio avermi un giorno a rimproverare d’aver tradito me stesso per una soverchia viltà. Sappia ella ch’io l’amo, e quando l’amor mio non gradisca... Eccola a questa volta. Vorrei pur dirle... ma non ho coraggio di farlo. Prenderò tempo... mediterò le parole... Oh cuor pusillanimo! ho rossore di me medesimo. (parte)
SCENA IV.
Donna Eugenia, poi Cecchino.
Eugenia. E fino a quando dovrò menar questa vita? Chi può soffrire le indiscretezze di don Ambrogio? Le passioni d’animo hanno per sua cagione condotto a morte il povero mio marito, ed ora codesto vecchio vorrebbe farmi diventar tisica per la rabbia, per la disperazione. Sì, voglio rimaritarmi. Ma non basta che io lo voglia, conviene attendere l’occasione, e se non son certa di migliorare il mio stato, non vo’ arrischiarmi di ricadere dalla padella alle brace.
Cecchino. Signora, il signor Conte dell’Isola brama di riverirla.
Eugenia. È padrone. (Cecchino parte) Questi non sarebbe per me un cattivo partito. È un cavaliere di merito, ma la di lui serietà mi riesce qualche volta stucchevole. All’incontrario del Cavaliere, che ha dello spirito un poco troppo vivace. E pure ad uno di questi due vorrei ristringere la mia scelta. So che mi amano entrambi, e so che una impegnata rivalità... Ma ecco il Conte.