Gasparina. Mo zi dazzeno, che anca mi zon ztuffa.
Zempre zuzzurri; zempre i fa baruffa.
Fabrizio. Mi fa stupire il cavaliere Astolfi,
Che di simile gente è il protettor.
Gasparina. Chi zelo zto zignor?
Fabrizio. Quel che ho veduto
Fare a vossignoria più d’un saluto.
Gasparina. Lo cognozzelo?
Fabrizio. Sì, è d’una famiglia
Nobile assai, ma il suo poco giudizio
Ha mandata la casa in precipizio.
Gasparina. La me conta qualcozza.
Fabrizio. In su la strada
Vi parlerò? Si vede ben, che avete
Voi pur poca prudenza. Orsù, andar voglio
A provveder di casa innanzi sera; (fa qualche passo)
Oh, mandatemi giù la tabacchiera.
Gasparina. Subito. (entra)
Fabrizio. In questo loco
Parmi d’esser nel foco. Son dei mesi,
Che ogni giorno si sente del fracasso.
Ma non si è fatto mai così gran chiasso.
E poi, e poi, cospetto!
Perdere a me il rispetto?
Meglio è ch’io vada via di questa casa.
Gasparina. Zon qua. (di casa, colla tabacchiera in mano)
Fabrizio. Ma perchè voi? (irato)
Gasparina. Mo via, che el taza.
El za pur, che la zerva zè amalada.
Fabrizio. Io non voglio che voi venghiate in strada.
Dal balcon si poteva buttar giù.
(prende la tabacchiera con collera)
Gasparina. No ghe vegnirò più.
Fabrizio. La madre vi ha allevata
Vil com’ella era nata, e il padre vostro