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358 | ATTO QUARTO |
Pasqua. De Zorzetto.
Gnese. No, de sior Anzoletto.
Zorzetto. Vardè che sesti!
Lucietta. Senti, sa, pettazza1,
Te darò una schiaffazza.
Orsola. Oe, oe, patrona?
Pasqua. Schiaffi a chi, scagazzera2?
Cate. Vecchiazza.
Orsola. Tasè là.
Lucietta. Via, frittolera.
Tutti. Cossa? via, tasè là; farò, dirò;
Lassè star; vegnì qua; zitto, sior no.
(tutti insieme alternativamente dicono tai parole, ed entrano)
Cavaliere. Dai brindesi al gridar passati sono;
Questa è tutta virtù del vino buono.
Un disordine è questo.
Ma se vad’io, li aggiusterò ben presto;
E se non vonno intendere ragione,
Da cavaliere, adopero il bastone. (entra in locanda)
SCENA V.
Gasparina sul poggiuolo, poi Fabrizio di casa.
Mo la zè una gran cozza in zto campiello;
Me par che ziemo a caza de colù3.
Fabrizio. Per dispetto lo fan, non posso più.
Gasparina. Dove valo, zior barba?
Fabrizio. A ricercare
Una casa lontana, e vo’ trovarla
Innanzi domattina.
Quando fosse ben anche una cantina.