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354 ATTO QUARTO
Di custodir con gelosia una figlia.

Cavaliere. Io non l’insulto, e poi
Non è una gran signora.
Fabrizio. Chi ella si sia, voi non sapete ancora.
Cavaliere. Chi è sono informato;
So che in misero stato è la famiglia,
E che alla fin di un bottegaio è figlia.
Fabrizio. È ver che mio fratello,
Per ragion d’un duello,
Da Napoli è fuggito,
E in Venezia arrivato.
Con femmina inegual si è maritato;
Misero, fu costretto a far mestiere;
Povero nacque, è ver, ma cavaliere.
Cavaliere. Siete napoletani?
Fabrizio. Sì signore.
Cavaliere. Son di Napoli anch’io;
Noto vi sarà forse il nome mio.
Fabrizio. Dar si potrebbe.
Cavaliere. Io sono
Il cavaliere Astolfi.
Fabrizio. Vi domando perdono,
Se il mio dovere non ho fatto in prima;
Ebbi pel padre vostro della stima.
Cavaliere. Lo saprete, ch’è morto.
Fabrizio. Il so pur troppo;
E so, deh compatitemi.
Se parlovi sincero.
Che voi vi siete rovinato.
Cavaliere. È vero.
Son tre anni che giro per il mondo,
Ed è la borsa mia ridotta al fondo.
Fabrizio. Che pensate di far?
Cavaliere. Non so; l’entrate
Son per altri due anni ipotecate.