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IL CAMPIELLO 349
Fabrizio. Via. (caricandola)

Gasparina. La zcuzi. (al Cavaliere)
Cavaliere. Mi spiace.
Gasparina. Ghe zon zerva. (s’inchina)
Fabrizio. Un poco più. (caricandola)
Cavaliere. Servo, madamigella.
Gasparina. Addio, monzù. (entra in casa)
Fabrizio. Il suo genio bizzarro ora mi è noto.
Cavaliere. Favorite, signor...
Fabrizio. Schiavo divoto.
E voi, donne insolenti...
Lucietta. Coss’è sto strapazzarne?
Orsola. Sto dirne villania?
Tutti. Vardè, disè, sentì.
Fabrizio. No, vado via.
Tutti. (Ridono.)
Cavaliere. S’ella non può venir, non so che fare.
Andiamo a desinare;
Io cercherò di rivederla poi;
Andiamo intanto, e mangeremo noi.
(entra in locanda)
Orsola. Vien via, Zorzetto; daghe man a Gnese.
Gnese. Anderò da mia posta. (entra in locanda)
Zorzetto. Sempre cussì la fa. (entra in locanda)
Orsola. Tasi, che un dì la man la te darà.
(entra in locanda con Zorzetto)
Pasqua. Vegno anca mi a disnar.
Che magnada de risi che vôi dar! (entra in locanda)
Cate. Andemo, putti, andemo.
Quanto più volentiera
Anderave anca mi
Con un novizzo da vesin cussì! (entra in locanda)
Anzoletto. Andemo pur ancuo, femo a la granda;
Ma no vôi più compari, nè locanda.
(entra in locanda)