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IL CAMPIELLO | 347 |
SCENA X.
Gasparina e detti.
Cavaliere. Oh madamina!
Lucietta. No savè, Gasparina?
Son novizza, disnemo in compagnia.
Cavaliere. Favorite voi pur per cortesia.
Gasparina. Oh, no pozzo dazzeno;
Ella za, zignor mio,
Che ziamo dipendente da mio zio.
Lucietta. Cossa disela?
Gasparina. Zente?
Grame! no le capizze gnente, gnente.
Cavaliere. Verrò, se mi è permesso,
Seco a parlare, e ad invitar lui stesso.
Gasparina. La vol vegnir de zu?
Cavaliere. Si può, madamigella?
Gasparina. Uì, monzù.
Lucietta. Oh cara!
Orsola. Oh che te pustu!1
Cavaliere. Gradisco assai l’esibizion cortese.
Gasparina. Donne, dizè, no l’intende el franzeze?
Orsola. Caspita! siora sì.
Lucietta. Oh, io so dir uì. (caricato)
Gasparina. La zenta, zior monzù:
(La prego dezpenzarme;
Perchè mi con cuztie no vôi zbazzarme).2
Cavaliere. Mi spiacerebbe assai.
Lucietta. (Oe, procuremo
Che la vegna con nu, che rideremo). (a Orsola)
Orsola. (Sì ben, sì ben). Via, siora Gasparina,
No semo degne de disnar con vu;