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IL CAMPIELLO 339
Gnese. Oh, oh! vare!

No la gh’ha mai un bezzo. Via tolè.
Lucietta. Siora mare, metteu?
Cate. Metterò, aspetta. (tira fuori un straccio)
Zorzetto. La gh’ha i bezzi zolai colla pezzetta!1
Cate. Fazzo per no li perder. Tolè el soldo.
Lucietta. Zoghemo, e no criemo.
Orsola. Per mi, no parlo mai.
Lucietta. Presto, missiemo. (mescola la semola)
Orsola. Vôi missiar anca mi.
Lucietta. Mo za, se sa;
No la xe mai contenta.
Zorzetto. Voggio darghe anca mi una missiadina.
Lucietta. E missieremo fina domattina.
Gnese. Via, basta, femo i mucchi, (mette le mani nella semola)
Lucietta. I mucchi i vôi far mi. (fa alcuni monti colla semola)
Orsola. Eh, che no savè far. Se fa cussì.
Lucietta. Oh, siora no, no voggio
Che m’insporchè la semola de oggio.
Orsola. Gh’ho le man nette più de vu, patrona.
Pasqua. Zitto. Li farò mi.
Lucietta. Via, la più vecchia.
Orsola. La più vecchia, sì ben.
Pasqua. Povere mate!
Mi la più vecchia? tocca a donna Cate.
Cate. Vecchia cotecchia!2
Pasqua. Gossa?
Gnese. Gnente.
Pasqua. No v’ho capio.
Orsola. A monte, a monte; fali ti, fio mio. (o Zorzetto)
Zorzetto. Ve contenteu? (poi va facendo i monti)
Lucietta. Proveve;
Quello xe troppo piccolo.

  1. «Ha i denari stretti con cappio in una pezzuola»: Cameroni, l. c.
  2. Vecchia rancida. V. vol. II, p. 56 ecc.