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26 | ATTO PRIMO |
SCENA III.
Donna Lavinia; don Riminaldo e don Ciccio che giocano.
Lavinia. In fatti par impossibile che il temperamento di don Mauro possa adattarsi a quello di donna Florida. Ella è inquieta sempre, è sempre malcontenta, e pretende troppo. Ogni anno ella viene da noi, e la vedo sempre con visi nuovi. Non ha mai durato con lei una stagione intera un servente. Io non la posso lodare, ed è una di quelle amicizie che non m’importerebbe di perdere. Quest’anno non l’ho nemmeno invitata a venir con noi; ma ci viene da sè. È in possesso di venir qui; e le pare che sia casa sua questa. Ha un marito che non ci pensa, che la lascia andar dove vuole. Ma! il mio pure fa lo stesso con me. Viene in campagna meco, ma è come se non ci fosse. Il suo divertimento è la caccia. Le sue conversazioni le fa con i villani e colle villane: cosa che mi dispiace infinitamente, perchè mio marito, benchè avanzato un poco in età, lo amo e lo stimo, e non mi curerei di altro, s’egli si compiacesse di stare un poco con me. Signori miei, avete da giocar tutto il giorno? Non volete prendere un poco d’aria? Oggi abbiamo una bella giornata. Prima che venga l’ora di desinare, andiamo a fare due passi. (Spiacemi questo gioco. Don Ciccio non ne ha da perdere, e don Riminaldo guadagna sempre). (da sè)
Riminaldo. Sono a servire donna Lavinia.
Ciccio. Mantenetemi gioco.
Riminaldo. Un’altra volta. Oggi, questa sera.
Ciccio. Un punto ancora. Questo po’ di resto.
Lavinia. Via, caro don Ciccio. Siate buono, e contentatevi così.
Ciccio. Sì, che mi contenti! dopo che ho persi i danari.
Lavinia. Avete perduto molto?
Ciccio. Mi par di sì; non mi son restati che dieci soldi.
Lavinia. Bravo, don Riminaldo, glieli avete guadagnati tutti al povero don Ciccio.