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L'AUTORE
A CHI LEGGE.1
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UESTA è una di quelle Commedie che soglio preparare per gli ultimi giorni di Carnovale, sendo più atte in tal tempo a divertire il popolo che corre affollatamente al Teatro. L’azione di questa Commedia è semplicissima, l’intreccio è di poco impegno, e la peripezia non è interessante; ma ad onta di tutto ciò, ella è stata fortunatissima sulle scene in Venezia non solo, ma con mia sorpresa in Milano fu così bene accolta, che si è replicata tre volte a richiesta quasi comune. La mia maraviglia fu grande, perchè ella è scritta coi termini più ricercati del basso rango e colle frasi ordinarissime della plebe, e verte sopra i costumi di cotal gente, onde non mi credeva che fuori delle nostre lagune potesse essere intesa e così bene goduta. Ma in essa vi è una tal verità di costume, che quantunque travestito con termini particolari di questa Nazione, si conosce comunemente da tutti.
I versi di questa Commedia sono dissimili da tutti gli altri che si leggono ne’ miei Tomi e che corrono alla giornata. Questi non sono i soliti Martelliani, ma versi liberi di sette e di undici piedi, rimati e non rimati a piacere, secondo l’uso dei drammi che si chiamano musicali. Una tal maniera di scrivere, pare che non convenga all’uso delle Commedie, ma il linguaggio Veneziano ha tali grazie in se stesso, che comparisce in qualunque metro, ed in questo principalmente mi riuscì assai bene.
Il titolo del Campiello riuscirà nuovo a qualche forastiere non pratico della nostra città. Campo da noi si dice ad ogni piazza, fuori della maggiore che chiamasi di San Marco. Campiello dunque è il diminutivo di Campo, che vale a dire è una Piazzetta, di quelle che per lo più sono attorniate da case povere e piene di gente bassa. Usasi nell’estate in queste piazzette un certo gioco
- ↑ Questa prefazione uscì in testa alla commedia nel t. V (1758) dell’ed. Pitteri di Venezia.