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LA DONNA STRAVAGANTE | 277 |
Dirà ch’io lo soffersi, dal mondo ritirata.
Ma di me don Rinaldo che dirà mai? stupisca.
E s’egli è ver che mi ami, ei per amor languisca.
Ah, pria d’escir dal mondo, pria di staccarmi appieno,
Potessi rivederlo una sol volta almeno.
Quest’unico conforto per ultimo desio:
Vederlo un sol momento, dirgli per sempre addio.
Chi è di là?
Cecchino. Mi comandi.
Livia. Va tosto, il mio Cecchino.
Cerca di don Rinaldo. Digli che il mio destino...
(Ma no, sol da me sappia il duol che gli sovrasta).
Digli che venga tosto a rivedermi, e basta.
Cecchino. Ma se il padron non vuole ch’egli entri, il poverino?
Livia. Pazienza. Due parole dirò dal terrazzino.
Pregalo in nome mio, che partirà ben tosto.
Cecchino. Non si potrebbe in casa condurlo di nascosto?
Livia. No, figlio mio; non lice far quel che non conviene.
Cecchino. (Capperi, come parla! che giovane dabbene!) (da sè)
Livia. Va presto, il mio Cecchino, a te mi raccomando;
Questo della padrona è l’ultimo comando.
Perdonami, se teco fu il mio costume austero.
Cecchino. Signora... mi perdoni... mi fa pianger davvero.
(singhiozzando parte)
SCENA XIII.
Donna Livia sola.
Ho piacer che si parli di me dalle persone,
E che si dica un giorno, dopo i discorsi vari:
Donna Livia che alfine1 risolto ha da sua pari.
Che dirà don Rinaldo? Questi mi sta nel cuore;
- ↑ Guibert-Orgeas, Zatta e altri: Che donna Livia alfine ecc.