Livia. Dammi una sedia.
Servitore. Presto.
(le porta la sedia)
Livia. Non mi lasciar qui sola. (sedendo)
Servitore. Se lo comanda, io resto.
Livia. Dimmi, quel cavaliere poc’anzi a noi venuto
Lo conosci?
Servitore. Il conosco: è il marchese Liuto.
Livia. È ricco?
Servitore. Anzi ricchissimo.
Livia. Accostati.
Servitore. Son qui. (s’accosta)
Livia. Che disse a don Riccardo, quando da noi partì?
Servitore. L’intesi dir (conviene farla gioire un poco)
Ch’avea per donna Livia le viscere di foco.
Livia. Usi a prender tabacco?
Servitore. Quando ne ho, signora.
Livia. Prendi una tabacchiera.
Servitore. Davver? troppo mi onora.
Livia. Disse d’amarmi adunque.
Servitore. Certo, e se il ciel destina...
Livia. Oibò, che odore è questo? tu appesti di cucina.
Allontanati un poco.
Servitore. Perdoni. (si scosta)
Livia. A dir s’intese,
Che alle mie nozze aspira il labbro del Marchese?
Servitore. Lo replicò più volte: peno, sospiro ed ardo
Per quei begli occhi amabili.
Livia. Che dicea don Riccardo?
Servitore. Non vorrei.... (guardando d’intorno)
Livia. Avvicinati.
Servitore. Pavento incomodarla
Coll’odor di cucina.
Livia. Avvicinati. Parla.
(col fazzoletto si copre il naso)