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258 | ATTO QUARTO |
SCENA VII.
Don Riccardo solo.
Strano il conobbi, è vero, ma nol credea poi tanto.
Era per donna Rosa tristo compagno, il veggio;
Ma unito a donna Livia, che lo somiglia, è peggio.
Donna potrebbe umile fargli cambiar talento;
Fa stragi, allor che soffia da doppio lato il vento.
Quello che a donna Livia franco proporre aspiro,
Essere non si aspetti sposo no, ma ritiro,
Ove da strette mura, da leggi rigorose,
Saggie a forza diventano anche le capricciose, (parte)
SCENA VIII.
Donna Livia sola, poi il Servitore.
Aver l’indiscretezza attesa dello zio.
S’egli da me non viene, giusta gl’impegni sui,
Strano non è ch’io venga a ricercar di lui.
Chi è di là? c’è nessuno? Chi sa che inavvertito,
Senza più ricordarsene, non sia di casa uscito.
Le stanze sue son chiuse. Non veggo i servitori.
Si chiama, e non rispondono. Eh là, vi è alcun di fuori?
Or ora entrar in frugnolo mi fa l’impazienza.
Possibil che non sentano? cos’è questa insolenza?
Non senti, o non sentire fingi tu, sciagurato?
Servitore. Perdoni, sulla sedia mi era un po’ addormentato.
(Pur troppo l’ho sentita, ma di venir non curo.) (da sè)
Livia. Dov’è il padrone?
Servitore. È uscito.
Livia. Che sia ver?
Servitore. L’assicuro.
Livia. Fammi un piacer.
Servitore. Comandi.