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LA DONNA STRAVAGANTE | 255 |
Miratelo, germana, escir da quelle porte.
Al zio che l’accompagna, spiegatevi: chi sa?
Par che per voi sia nato. Vel lascio in verità. (parte)
SCENA V.
Donna Livia, poi don Riccardo ed il Marchese Asdrubale.
Posso appagar la brama, che rendemi curiosa.
Dissimular lo sdegno saprò, finchè del vero
Mi appaghi don Riccardo, che or vien col cavaliere.
Riccardo. Marchese, il cuor conferma quel che col labbro io dico;
Vi è noto qual vi sono fin da’ primi anni amico.
Bramai che a voi congiunto fosse il mio sangue invano,
E la nipote al nodo prestar nega la mano.
Marchese. Perchè pensate voi sdegnar voglia in consorte,
Cospetto! un cavaliere, un uom della mia sorte?
Riccardo. Sprezzo in lei non credete, ma un debole desio.
Marchese. Le prime dame aspirano, cospetto! ad un par mio.
Livia. (Per dirla, al primo abbordo ha un’aria che ributta,
Ma spesso il bel si cela, se l’apparenza è brutta). (da sè)
Marchese. Lo zio colla nipote voler può a suo dispetto.
L’uomo dev’esser uomo, farsi stimar, cospetto!
Livia. (Gli sta pur bene in bocca quel cospettar frequente!)
(da sè)
Riccardo. Non ponno ad uom felici riuscir nozze violente,
Ne d’amor foco accendere potrebbe un cuor di ghiaccio.
Acchetatevi, amico. Alfin...
Marchese. Cospettonacio!
Livia. (Segno è d’animo grande quel risentire il caldo.
Tutti non hanno in seno il gel di don Rinaldo.) (da sè)
Riccardo. Che fa qui la nipote?
Livia. Fo quel che piace a me.
Riccardo. Risposta di voi degna!