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LA DONNA STRAVAGANTE 245
Livia. Può darsi, egli ha di muschio un orribile odore.

Rosa. Datelo a me, che allettami l’odore, e non mi offende.
Livia. Donna curiosa invano di leggerlo pretende, (s’alza adirata)
Medoro. Se cosa è che vi spiaccia, a noi non la celate.
Properzio. Deh, parlateci almeno.
Livia.   Non vo’ parlare. Andate.
Rosa. Vi licenzia, signori.
Properzio.   Noi non andrem per questo.
Rosa. Restate, se vi aggrada, io più con lei non resto.
Non vo’ che mi rimproveri curiosità malnata:
Livia è fuor di se stessa, quel foglio l’ha sdegnata.
(Qualche desio, confesso, ho di saperlo in petto;
Ma provocar non voglio, restando, il suo dispetto.
Sia pur qual esser vuole quel cor, lieto o sdegnoso.
So quel che il zio mi disse, sull’amor suo riposo).
(da sè, e parte)

SCENA VI.

Donna Livia, don Properzio, don Medoro e Cecchino.

Properzio. L’una partì con garbo. (a Medoro)

Medoro.   L’altra ha i deliri suoi, (a Properzio)
Properzio. Ora, se il ciel s’annuvola, a che restiam qui noi?
Cecchino. (Bella conversazione! nessun dice parola). (da sè)
Livia. Signori, con licenza. Desio di restar sola.
Properzio. Bel complimento invero!
Medoro.   Andrem, quando vi piace;
Ma il cuore ai buoni amici si spiega, e non si tace.
Livia. Voglio tacer, v’ho detto.
Medoro.   Quel foglio disgraziato
Qualche dolor vi reca.
Properzio.   Qualche spiacer vi ha dato.
Livia. (Mi seccano). (da sè)
Properzio.   Se a noi fate la confidenza...
Medoro. Se vi spiegate a noi...
Livia.   Mi pare un’insolenza.