Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/250

244 ATTO TERZO
Che trattener non posso il giubbilo nel seno.

Rosa. Da che provien, germana, tal gioia inusitata?
Livia. Dall’esser da chi s’ama temuta e rispettata.
Properzio. Amor rallegra i cuori.
Medoro.   Amor rende tai frutti.
Livia. Ma quel piacer ch’io provo, non si ritrova in tutti.

SCENA V.

Cecchino e detti.

Cecchino. Signora.

Livia.   Oh mio Cecchino, che vuoi da me?
Cecchino.   Qual soglio,
Eccomi nuovamente apportator d’un foglio.
Livia. Recalo a me.
Cecchino.   Tenete. (le dà il foglio)
Livia.   (Oh foglio a me diletto!
Nuovo piacer preveggo. Nuovi perdoni aspetto).
(apre il foglio)
Rosa. (Stupida la rimiro). (Ja 5è)
Properzio.   Giubila di contento, (a donna Rosa)
Medoro. Nuove felici, è vero? (a donna Licia)
Livia.   (Misera me, che sento?) (da sè)
Rosa. Si turba.
Properzio.   Si scolora. (a donna Rosa)
Medoro.   L’occhio non par più quello.
(a donna Rosa)
Cecchino. (Dubito questa volta non donimi un anello). (da sè)
Livia. (Possibil che mi lasci? Ah! da’ suoi detti il temo.
Ingratissimo foglio! ah, dalla bile io fremo). (da sè)
Rosa. Che vuol dir donna Livia?
Livia.   Un improvviso assalto
Di convulsioni al capo.
Properzio.   Che? vanno i fumi in alto?
Rosa. Quel foglio havvi destato l’intempestivo umore?