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240 ATTO TERZO
Uditemi, nipote: da voi, dalla germana,

Vo’ che si scelga stato. La resistenza è vana;
E chi svelar ricusa l’interno suo desio,
Vedrà il proprio destino dipendere dal mio.
Ebbi per donna Livia finor tal convenienza.
Che mertano i riguardi di onesta preferenza.
Ma questi han da aver fine: pensate a voi soltanto,
La soggezion del sangue lasciatela da un canto.
Come se sola foste, svelate a me la brama;
Ditemi a quale stato l’inclinazion vi chiama.
Fidatevi del labbro di un zio, di un cavaliero:
Il vostro cuor, nipote, apritemi sincero.
Rosa. Al ragionar discreto di un zio d’amor ripieno,
Non vo’ che altri timori si destin nel mio seno.
Signor, se voi sdegnate di me più lunga cura,
Giust’è che mi solleciti di uscir da queste mura.
Non gradirei, per dirla, la noia di un ritiro;
Intender voi potete lo stato a cui aspiro.
Riccardo. Più gentilmente accorto un labbro rispettoso
Svelar non mi poteva la brama di uno sposo.
Sì, l’avrete; non pochi sono i partiti onesti
Che offerti sono. Il meglio si sceglierà fra questi.
E vaglia a consolarvi, che i pregi vostri ammirano,
E che alle nozze vostre i più felici aspirano.
Della maggior germana superba stravaganza
Vanterà meco invano la folle maggioranza.
Quando ritorni il zio con uno sposo eletto,
Si accetterà da voi?
Rosa.   Sì, mio signor, l’accetto.
Riccardo. Bene; la suora vostra quel che sa dir, si dica:
Chieda ragione invano, chi è di ragion nemica.
Di lei non vi spaventino onte, minacce, orgoglio:
Ella è che così merita; son io che così voglio, (parte)