Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
LA DONNA STRAVAGANTE | 233 |
E se restar volete, meglio è tacer.
Rinaldo. Non parlo.
Livia. (Son genti ch’io non curo, ma fo per tormentarlo.)
(da sè)
SCENA VIII.
Don Properzio, don Medoro e detti.
Medoro. Son servitor di lei.
Livia. Son serva. Favorite seder, signori miei.
Properzio. Vi siam, di qua passando, venuti a riverire.
Livia. Voglio seder nel mezzo. (siede in mezzo alli due)
Rinaldo. (Questo ho ancor da soffrire?)
(da sè)
Medoro. Donna Rosa dov’è?
Livia. Sarà nella sua stanza.
Medoro. Sta ritirata in camera? Che patetica usanza!
Properzio. La madre sua nol fece. So che si è divertita
Fin l’ultimo respiro ancor della sua vita.
Medoro. E donna Livia anch’essa segue i paterni esempi.
Che s’ha da far al mondo?
Rinaldo. (Quest’è il parlar degli empi).
(da sè)
Livia. Sì certo, un miglior bene non ho dell’allegria.
Piacemi l’ore oziose passare in compagnia.
Properzio. L’amico don Rinaldo sarà il più ben veduto.
Livia. Oibò; per accidente stamane è qui venuto.
Rinaldo. (Bella finezza invero!) (da se)
Medoro. Diteci in confidenza:
Come si sta d’amori?
Livia. Ne sono affatto senza.
Chi volete che il tempo meco disperda al vento?
Medoro. Basta che voi vogliate, cento ne avrete e cento.