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228 ATTO SECONDO
Riccardo. Per la germana vostra parmi veder tal sdegno

Nutrirsi in voi, che passa d’ogni ragione il segno.
È ver che spesso abbonda di strani sentimenti,
Ma in lei trovansi ancora dei docili momenti.
Di voi parlommi in guisa testè con cuore aperto.
Che dubitar non posso, che del suo amor son certo.
Del dispiacer che diedemi, sente dolor, si affanna.
Rosa. Signor, l’accorto labbro, credetemi, v’inganna.
Riccardo. Il sospettar mai sempre, il dubitar di tutto,
Della virtù più bella fa che si perda il frutto.
Io che mentir non soglio, facile credo ai detti;
La diffidenza vostra fa che di voi sospetti.
Rosa. Qual mi offre donna Livia prova di vero amore?
Riccardo. Una, che d’ogni prova dee credersi maggiore:
Lascia non sol che a lei vada la suora innante,
Ma pronta si dichiara a cederle l’amante.
Rosa. Signor, voi le credete?
Riccardo.   Il dubitar non giova.
Rosa. S’è ver che di cuor parli, facciamone una prova.
Riccardo. Voi non sprezzate il dono, s’è il di lei cuor sincero?
Rosa. Quando sperar potessi... ma che sia ver non spero.
Riccardo. Facciamone una prova.
Rosa.   Vediam se si ritratta,
Qual già di fare ha in uso.
Riccardo.   Sì, sì, la prova è fatta.
Semplice, qual pensate, non credo ai detti suoi.
Ma semplice non sono nel prestar fede a voi.
Diedemi il vostro ciglio di ciò qualche sospetto;
Dell’arte mi ho servito per trarvi il ver dal petto.
Rosa. Signor, non vi capisco.
Riccardo.   Quella finzione istessa
Che mi ostentate in faccia, rimproveri voi stessa.
Bella prontezza accorta di un cuor che si rassegna!
Se la germana il cede, l’amante non isdegna.
Segno che prevenuta è da un segreto amore: