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226 ATTO SECONDO
Caro foglio adorato! vo’ per amor baciarlo.

Ah, ch’io baciassi il foglio tu non gli dir. (a Cecchino)
Cecchino. Non parlo.
Livia. Ad onta del disprezzo, con cui penar mi fate,
Lo spirto, il cuor, la mano vostr’è, se la bramate.
M’ingannò il mio sospetto; il Cavalier m’adora:
Ma dell’amor ch’ei m’offre, non son contenta ancora.
Pria di gradir l’amore, pria di premiar l’amante,
Vo’ renderlo agli insulti discreto e tollerante.
Di un ordinario affetto il cuor mio non s’appaga,
Son delle cose insolite sol desiosa e vaga:
E i vezzi, ed i sospiri, e le dolcezze, e il pianto,
Piacer fra’ sogni miei mi possono soltanto.
Prendi stracciato il foglio; s’adempia il mio comando.
Digli che, senza leggerlo, lo sprezzo e lo rimando.
Goditi quest’anello per amor mio; non dirmi
Strana, crudel, fantastica, ma pensa ad obbedirmi. (parte)
Cecchino. Io non dirò niente. Grazie dell’anellino.
Il foglio lacerato riporto a quel meschino.
(Con una testa simile, più che le grazie e i vezzi
Farebbero profitto le ingiurie ed i disprezzi.
Finchè l’amante prega, finchè d’amor languisce,
La donna che s’avvede, presume, insuperbisce.
Se l’uom non fosse debole, come in un libro io lessi,
Vedrebbonsi le donne pregar gli uomini stessi;
E dietro correrebbono all’uom le belle tutte,
Come per lor destino far sogliono le brutte). (da sè, e parte)

SCENA II.

Donna Rosa sola, poi il Servitore.

Rosa. Troppo egli è ver, che un solo spirto inquieto, audace.

Basta da una famiglia a esiliar la pace.
Vissi finor contenta senza pensier molesti,
Or per cagion di Livia ho dei pensier funesti;