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218 ATTO PRIMO
Cosa da noi non bramasi, ch’ei non conceda appieno;

Sempre con noi piacevole, sempre con noi sereno.
Chi mai non amerebbe sì amabile signore?
Chi può negar, germana, chi può negargli il core?
Livia. Questa d’amore intendo dolcissima favella:
Di sua bontà vuol darvi una prova novella.
Rosa. Che mai di più far puote per me l’uom generoso?
Livia. Vuol animarvi ei stesso a scegliere uno sposo.
Rosa. Voi lo sceglieste?
Livia.   Ancora di me non ha fissato.
Rosa. A voi spettasi in prima di scegliere lo stato.
Livia. S’io vi cedessi il loco, ricusereste il dono?
Rosa. Germana, qual credete, sì semplice non sono.
Non cede alla seconda il dritto di natura,
Chi col vegliar le notti lo sposo si procura.
Livia. Voi non sapete, ardita, che motteggiar schernendo;
Le vostre mire io veggio, l’animo vostro intendo.
Finger volete meco la dipendenza onesta,
Ma se lo zio il volesse, altro per voi non resta.
Volea per i miei fini cedervi il loco, è vero;
Or non lo voglio, in pena di quel linguaggio altero.
Io son la prima nata: è ver che il padre è morto,
Ma son bastante io sola a riparare un torto.
So che di nozze amico è il cuor candido e puro,
Ma sposa non sarete, s’io non lo sono, il giuro;
E per vedervi afflitta1 senza il consorte a lato,
Capace son di vivere trent’anni in questo stato.
Qual voi di mantariti la brama non mi alletta,
E più di un matrimonio, mi piace una vendetta. (parte)

SCENA V.

Donna Rosa sola.

Che stravagante umore! che subitaneo foco!

Il cuor di donna Livia accendesi per poco.

  1. Zatta: Ed anche per vedervi ecc.