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LA DONNA STRAVAGANTE 213
Quant’altre a mezzo il giorno, ovver di prima sera,

Per irsene a dormire chiamò la cameriera!
Ha una testa, che certo può dirsi originale;
Fa quel che far le piace, non per far bene o male.
Varian di giorno in giorno i suoi pensier più strani;
Suole quel che oggi ha fatto, disapprovar domani.
Se tante e tante donne son tocche dall’insania,
Questa delle fantastiche può dirsi capitania. (parte)

SCENA II.

Don Riccardo solo.

Io, che per mia fortuna nacqui cadetto al mondo,

E ricusai mai sempre della famiglia il pondo;
Ch’ebbi le cure in odio, sol della pace amico,
Dovrò soffrir per donna sì laborioso intrico?
Staccarmela gli è duopo sollecito dal fianco.
Le stravaganze sue di tollerar son stanco.
Conosco il suo costume, m’è noto il suo talento;
Procurerò di vincerla conoscere il momento.
Che non vi è donna alfine, che di resister valga,
Quando con arte e tempo nel debole si assalga.

SCENA III.

I Livia ed il suddetto.

Livia. Signor, voi mi volete?

Riccardo.   Nipote, io vi ho cercata.
Livia. Come mai a quest’ora pensar ch’io fossi alzata?
Riccardo. Nella vicina stanza qualche rumore intesi.
Del calpestio ragione alla famiglia io chiesi:
Dissermi donna Livia sorger di letto or ora.
Livia. Disservi mal, signore, letto non vidi ancora.
Riccardo. Per qual ragion?