Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XIII.djvu/21


15

L'AUTORE

A CHI LEGGE1.


Q

UESTA commedia sarebbe stata più fortunata, se alcune scene fossero state scritte con meno studio e con minor volontà di dir bene. Parve ad alcuni (o ad alcune) che i pensieri portati in Italia dal viaggiatore abbiano un po’ dell’impertinente, e se mai tali massime venissero in qualche parte adottate, temono che si sconvoglierebbe il regno della galanteria. Oh verità benedetta, pochi ti vedono di buon occhio!

Lettor carissimo, avrei da dirti parecchie cose, ma il tempo stringe, e si avvicina la mia partenza per Roma. Come (pare che tu mi dica) vai a Roma? Sì, vado a Roma. Ed abbandoni Venezia? No, spero in Dio di tornare. Ma perchè vai a Roma? In pubblico i fatti miei non li voglio dire. Sei chiamato? Son chiamato. Da chi? Dal Teatro di Tordinona. A far che? A dirigere alcune Commedie mie, di quelle già fatte, e da me trasportate dal verso alla prosa; e mi danno di regalo... Non voleva dir niente, e ho quasi detto quello che non mi vien domandato. E il tuo Teatro in Venezia lo abbandoni così? Lo abbandono? Perchè lo abbandono? A tenor della mia scrittura il mio dover l’ho adempiuto. Quando è così, va a buon viaggio. Sì, Lettor gentilissimo, spero che il Signore mi darà un buon viaggio e un felice ritorno, e che l’anno venturo ci rivedremo. Intanto pregoti non fare sopra di me di quelle scene che si fecero due anni sono, quando per essere stato in Parma al servizio di S. A. R., mio Padron clementissimo2, si sono inventate di me tante favole, e che ero morto, e che ero decapitato, e che ero andato in Francia, in Spagna, nell’Indie, e che so io quante

  1. Questa prefazione fu stampata in testa alla commedia, nel t. V (1758) dell’ed. Pitteri di Venezia.
  2. Due volte andò a Parma il Goldoni nell’anno 1756: la prima volta nella primavera e vi restò gran parte dell’estate, la seconda volta nel dicembre (godendo già titolo e pensione di Poeta di S. A. R.) e vi restò fino al marzo dell’anno successivo (mentre credeva di fare ritorno a Venezia dopo la festa di S. Stefano: v. lettere al conte Arconati-Visconti).