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d’astuzia tra Jacopina e Arlecchino, prive d’ogni comicità. Di tutto il faticoso edifizio resta oggi in piedi solo l’episodio della contessa villana, felicemente concepito e svolto. Ma questo non bastò a salvare la commedia dai fulmini della critica. Gasparo Gozzi disse il Raggiratore del Goldoni «obbrobrio dell’arte e del nome suo» (cit. da A. Neri in Aneddoti ecc., p. 6). Giuseppe Ortolani lesse nel cod. Cicogna MDCCCLXXXII - 2395 del Museo Correr un poco lusinghiero sonetto sopra la Commedia intitolata il Raggiratore del celebre Sig. Dr. Carlo Goldoni in Lingua Veneziana, scritto da un preteso suo ammiratore. La prima quartina:

          Dottor, l’è fatta e l’ave fatta vu
               in numero plural. in caso e in genere,
               come el gato scondela tra le cenere
               accio ch’el mondo no la veda più....

lascia indovinare il tenore del componimento, il pessimo profumo del quale ne addita con assai probabilità l’autore nel nobilomo Giorgio Baffo. Tra i rari critici dei nostri giorni che s’occuparono del Raggiratore (per troppi le commedie dimenticate dalle Memorie non esistono) il Rabany vi scorse alcunchè di buono: «Cette pièce... ne manque pas de piquant en quelques-unes de ses perties... Les scènes ou figure Carlotta sont les meilleures de la pièce» (op. cit., p. 362). Lo Schmidbauer lo ritenne piuttosto studio d’ambiente che di carattere, come il titolo quasi promette (op. cit., p. 65). L’autore stesso, dopo aver strenuamente difeso questo suo lavoro nella premessa, volle trarne anche un po’ di morale m queste terzine dedicate a Chiara Vendramin che prendeva il velo.

          El secolo de beni è troppo amaro.
               Troppo la terra de viziosi è piena,
               E el mio Raggirator lo mostra chiaro.
          Sta tal comedia rappresenta in scena
               L’esempio delle teste soprafine,
               Che al precipizio tanta zente mena.
          E compatindo le anime meschine,
               Trova motivo de consolazion
               Chi scampa da ste razze malandrine.
          Dopo de l’ubidienza e l’orazion,
               Lezer la poderave una scenetta,
               Se chi comanda ghe dà permision.

(Componimenti diversi, vol. II, p. 156)

Nè i primi malumori del pubblico nè la critica severa tolsero alla commedia di restare in repertorio fin oltre la meta del secolo XIX. La fiammella che la tenne in vita fu il personaggio della villana contessa, parte di sicuro effetto all’abilità delle servette d’un tempo. Dopo il buon successo di Mantova, Milano e Roma (vedi Premessa) registriamo una recita nel 1765 a Reggio d’Emilia (Modena a C. S., 1907, p. 348), un’altra in data 9 giugno