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lette di queste mie mal rimate, e ne potete leggere in questo Tomo1, ma a Voi non sono dirette; non mi potrete dir prosontuoso. Spero sarete ben persuaso, che l’essere scritta in prosa questa Commedia, non le accrescerà un difetto di più, e che se altri non la oscurassero, questo solo non la renderebbe imperfetta. Io trovo il verso nelle Commedie più comodo assai per me, che per gli Uditori. Quante volte ho io l’obbligazione alla rima di una bella espressione, di un bel concetto! quanto più spiegasi concisamente in verso! e quanto più diletto ritrovasi nel faticare! Ma il numero degli ascoltatori è diviso. Alcuni mi danno animo a seguitare i versi, altri mi vorrebbero ricondurre alla prosa. A Roma principalmente, dove soffrono assaissimo le Commedie mie, non le vogliono sentire in versi, e deggio far la fatica di tradurle io medesimo in prosa2.
So che siete Voi per i versi; ciò non ostante, il mio rispetto fa che in questa, che vi offerisco, sia preferita la prosa; spero non per tanto l’aggradirete comunque sia, all’opera non riflettendo, ma al cuore che ve la porge, con cui vi assicuro di essere ossequiosamente
Di Voi, Chiarissimo Signor Abbate
Devotiss. Obbligatiss. Servidore ed Amico |