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IL RAGGIRATORE | 191 |
Carlotta. Ho da essere vostra cognata?
Conte. Sì, certo. Non ve l’ho detto che io averò la fortuna di dar la mano a donna Metilde?
Claudia. Don Eraclio, pensateci bene prima di farlo.
Eraclio. Lasciatemi mangiare per ora.
Conte. Signora, porreste in dubbio la nobiltà della mia famiglia? (a donna Claudia)
Dottore. Il contratto è steso, e dopo avere mangiato, noi lo stipuleremo.
Metilde. Spicciamoci presto, dunque.
SCENA XVII.
La Jacopina e detti; poi messer Nibio.
Jacopina. C’è uno che domanda del signor Conte.
Conte. E chi è che mi vuole?
Eraclio. Sarà quello dei mille zecchini. Fatelo venire innanzi.
Conte. Si può sapere chi sia?
Jacopina. Non lo conosco. (Non gli vo’ dire chi sia, per godere la bella scena). (da sè)
Eraclio. Vediamolo chi è, fatelo venire.
Jacopina. Subito. (Oh come vuol restar brutto il signor Conte! Ma se lo merita, che voleva ingannare la povera padroncina). (da sè, e parte)
Eraclio. Se fosse quello che vi porta il denaro, non abbiate soggezione di noi; dopo che averemo mangiato, potrà contarlo qui sulla tavola.
Conte. Ohimè! chi vedo mai?
Nibio. Con licenza di lor signori.
Carlotta. Mio padre.
Eraclio. Un villano? che vuoi tu qui? (adirato)
Nibio. Vengo in traccia de’ miei figliuoli.
Eraclio. E dove sono i figliuoli tuoi?
Nibio. Eccoli qui: Pasquale e Carlotta.
Eraclio. Come! (tututi si alzano)