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174 | ATTO TERZO |
Conte. Così, con due ragioni alla mano, avrebbesi più agevole la difesa.
Dottore. Certamente virius unita fortior.
Conte. Questi due contratti si potrebbono far nascere prima di domani.
Dottore. Con chi avrebbesi a fare il contratio di nozze della ragazza?
Conte. Con chi? Ardo anch’io di carità come voi: si può fare con me.
Dottore. E vossignoria si piglierà volentieri quel buon bocconcino di donna Metilde.
Conte. Certo, per assicurarle il possedimento del palazzo e della campagna.
Dottore. E la campagna e il palazzo sarà poi del signor conte Nestore, uxorio nomine.
Conte. Così è, il mio caro Dottore.
Dottore. E don Eraclio resterà senza niente.
Conte. Ma la figliuola almeno sarà provveduta.
Dottore. Per effetto dell’amore del signor conte Nestore.
Conte. E della carità del Dottore.
Dottore. Ma facciasi presto quello che s’ha da fare: periculum est in mora.
Conte. I cento zecchini sarannno pronti.
Dottore. Ed io son lesto, quando si tratta di far del bene.
Conte. Andiamo dunque...
Dottore. Lo faremo dopo i capponi.
Conte. Sì, caro, come volete.
Dottore. (Gran buona creatura che è questo Conte!) (da sè, e parte)
Conte. (È pur caritatevole questo Dottore!) (da sè, e parte)
SCENA VI.
Camera di donna Claudia.
Donna Claudia e la Jacopina.
Claudia. Tant’è, vattene immediatamente di questa casa.
Jacopina. Perchè, signora, mi discaccia così?
Claudia. La roba mia non ha da essere sicura in casa?