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IL RAGGIRATORE | 173 |
Conte. Quanto tempo è che don Eraclio ha ipotecato il palazzo?
Dottore. Sarà un anno incirca.
Conte. E la campagna ultimamente venduta non son sei mesi che l’ha alienata.
Dottore. È vero.
Conte. S’egli con un contratto di nozze anteriore a queste due alienazioni avesse obbligato il palazzo e la villa per dote della figliuola, si potrebbe difendere il palazzo dalle pretese dei creditori, si potrebbono ricuperare i beni dalle mani del compratore?
Dottore. Si potrebbe in tal caso; ma non l’ha fatto.
Conte. E se non l’ha fatto, non si può dar ad intendere che fatto sia?
Dottore. Come?
Conte. Voi mi chiedete il come, fingendo meco di non saperlo; ma lo saprete meglio di me. Un contratto di nozze, figurato prima dei debiti, esclude ogni creditor posteriore; e voi di tali contratti ne averete fatti.
Dottore. Mi maraviglio; sono un galantuomo, signore.
Conte. Siete un galantuomo, lo so benissimo: ma la carità verso una povera figlia...
Dottore. Oh, questo poi...
Conte. E cento zecchini di regalo vi faranno studiar il modo di mettere al coperto con un contratto fittizio le ragioni di una fanciulla innocente.
Dottore. Veramente fa compassione quella ragazza.
Conte. Resterebbe miserabile per cagione del padre.
Dottore. Non è dovere, che le di lui pazzie la riducano a tali estremi.
Conte. Un contratto fatto colle buone regole due anni prima, vi pare che sia sufficiente rimedio?
Dottore. Sì, certo, e per maggiormente qualificarlo basterebbe figurarne un altro anteriore più ancora.
Conte. Bravo, signor Dottore, fate che la carità v’instruisca.
Dottore. Potrebbesi figurare che donna Claudia avesse portato in dote a don Eraclio una somma considerabile, e questa poi venisse assegnata in dote alla figlia.